WIN 70 - L’acqua balsamo di riconciliazione
Bessel Van Der Kolk, uno dei più importanti pionieri nella ricerca e nel trattamento dello stress traumatico, nel suo libro “Il corpo accusa il colpo” afferma che:
“Abbiamo imparato che il trauma non è solo un evento accaduto una volta nel passato, ma si riferisce anche all’impronta lasciata da quell’esperienza sulla mente, sul cervello e sul corpo. Quest’impronta ha continue conseguenze sul modo in cui l’organismo umano gestisce la sopravvivenza nel presente.”
In quanto improvviso, inaspettato e sconvolgente, il trauma ha un impatto a volte devastante. Molto spesso le persone vittime di traumi riportano un senso di congelamento e di profonda disconnessione nel corpo, le percezioni sensoriali si attutiscono riducendo così il senso di “sentirsi vivi”. Il mondo circostante viene percepito in maniera differente, spesso come un ambiente poco sicuro in cui vivere, anzi come un ambiente minaccioso da cui è necessario continuare a difendersi.
Percepirsi in questa costante situazione di pericolo fa si che il cervello continui a secernere ormoni dello stress e il sistema nervoso sia costantemente “acceso”.
Molti studiosi e ricercatori nel campo del trauma (ad esempio il già citato Van Der Kolk, o Peter Levine) sono arrivati alla conclusione che per quanto il trauma appartenga al passato, la sua risoluzione avviene dando alle persone opportunità di radicarsi nel tempo presente e nell’offrire strumenti di familiarizzazione con il corpo.
Il percorso dell’attivazione della presenza nel corpo e nelle sue sensazioni, è indispensabile per creare la base sicura così che la persona non si senta ri-traumatizzata e possa acquisire dentro di sé le risorse necessarie per vivere la propria vita non nell’ombra del passato ma nella luce vivida del suo presente.
In questo contesto e con queste premesse, il lavoro corporeo in acqua e in particolare Watsu® sono eccellenti strumenti per accompagnare le persone nel viaggio verso la conciliazione del sé. L’ambiente acqua, soprattutto se a temperatura corporea, è un contenitore sicuro, accogliente, non invasivo e rispettoso che permette, anche a chi ha segni di trauma, di potersi rilassare nei propri vissuti e percepiti emotivi. L’acqua stessa, nel suo sostegno incondizionato, diventa la Maestra, la terapista che cura e che si prende cura.
L’acqua stimola nel cervello la produzione di oppiacei naturale quale la dopamina, la serotonina e l’ossitocina, ovvero gli ormoni che contribuiscono alla sensazione di felicità e appagamento, sostanze neurochimiche che influenzano il sistema limbico (il cervello “emozionale”) Nella pratica Watsu si aggiunge un altro elemento fondamentale nel “processo di cura”: la Presenza dell’operatore Watsu. Abbiamo voluto scrivere “Presenza” con lettera maiuscola perché è l’aspetto che fa la differenza. Nella pratica Watsu sono presenti gesti meravigliosi, stiramenti profondi che liberano il corpo da antiche tensioni e ne risvegliano il movimento autentico o la profonda quiete. Ma se tutto ciò non è accompagnato da una Raffinata Presenza, allora i gesti saranno vuoti e freddi. In particolare nell’affrontare il tema del trauma, la Presenza Incondizionata e non giudicante dell’operatore che sostiene in acqua, è fondamentale per accogliere eventuali esperienze passate non integrate che possono emergere. Il processo dell’integrazione di tali vissuti traumatici, può avvenire nel momento in cui si porta coscienza e attenzione ai vissuti corporei emersi, “sentendo incondizionatamente”. Come detto in precedenza tutto ciò è possibile quando si offre una base sicura dove potersi sentire accolti, protetti, in fiducia e non giudicati.
L’esperienza del trauma, di qualunque tipo esso sia, può indurre ad una carica emotiva trattenuta, che non ha avuto modo di essere scaricata. Questo produce quegli effetti dichiarati come “post traumatici”. Il grande valore del lasciarsi galleggiare in acqua a temperatura corporea, rispettosamente e amorevolmente sostenuti da un professionista Watsu, crea una situazione ideale affinché il sistema si possa sentire nuovamente al sicuro, e si possa muovere verso l’integrazione e la guarigione.
Estrapolato dall’articolo di Keli Procopio e Antonello Calabrese “WATSU DALL’ISOLAMENTO AL RICONOSCIMENTO” pubblicato su DBN Magazine settembre 2020